da sinistra: Ciccio Urso, Sebastiano Burgaretta,  
              Silvana Grasso e Corrado Dipietro  
              nella Libreria Editrice Urso  
              in Corso Garibaldi 41 ad Avola
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        La monotonia della sedicente e arrogante critica da perfezione trova in questo 
          volume l'originalità e l'extravaganza della imperfezione assunta come vaghezza, 
          della diversità adottata come giudizio. Il testo di Burgaretta nell'edizione 
          Urso realizza la copula perfetta di due artigiani della sana provincia siciliana 
          che del buon libro e della buona parola fanno ragione di vita, o meglio religione 
          di vita quotidiana. 
          Di Spagna e Di Sicilia è il palcoscenico letterario che dividono scrittori 
          poeti pensatori, spagnoli e siciliani, affratellati da un dna emotivo e culturale, 
          passionale e sciabolante tale che l' indimenticabile Leonardo Sciascia non esiterebbe 
          oggi a confermare che andare per la Spagna è, per un siciliano, un continuo 
          insorgere della memoria storica, un continuo affiorare di legami, di corrispondenze. 
          L'occhio acuto di Burgaretta mosso da apuleiana curiositas fiuta analogie, scava 
          col seghetto dell'archeologo nel misterioso dedalo delle genie culturali sicule-ispane, 
          con curiosità itinerante e intuizione rabdomantica. 
          Già Plutarco ne Le Vite Parallele aveva, al di là d'ogni presunzione 
          razziale e culturale, individuato i Grandi e la Grandezza e nel mondo greco e 
          nel mondo romano, ghigliottinando quella spregevole apartheid genoculturale che 
          stabiliva primati e primazie . La crazia culturale non è un fatto di razza, 
          né di gene, ma di virtù e talenti, che fecondano ovunque. Al di 
          là e a dispetto dei territori e delle frontiere, al di là dell'ottusità 
          della convenzione e dell'istituzione che congela embrioni di intelligenza, ignari 
          accusatori dell'altrui mediocrità. Mai come oggi, dopo l'11 settembre, 
          in tempi di terrorismi di nuova genitura e di vecchissima fecondazione , l'intuizione 
          di Plutarco veicola vangeli di verità sapienziale. 
          Tornando all'Avolese, Jano Burgaretta è personaggio onnipresente nel suo 
          territorio, a volte protagonista, altre deuteragonista, altre ancora, semplice 
          comparsa. E' preziosa Vestale, il professor Burgaretta della storia travagliata 
          della sua Avola come dell'alchimia di certi personaggi di cui persino la famiglia 
          genetica, anagrafica ha perso memoria. 
          Dal suo libro mi piace ricordare Giuseppe 
            Bianca, un Catone avolese, nato nel 1801, che sembra uscito dalla penna di 
          Cornelio Nepote. Uomo di vita austera, tutto d'un pezzo, che mandò 
          al diavolo l' avvocatura per la botanica. 
"Uomo di costumi antichi  si legge  alieno da pubblici rumori, 
          aborrente dalle lodi e dalle onorificenze, sobrio , integerrimo, innamorato di 
          quiete e solitudine. 
          Basterebbe tale cammeo di catoniano costume come cartina di tornasole di Burgaretta 
          scrittore, poeta, critico ma soprattutto galantuomo che disseppellisce dalla incuria 
          memoriale di chi sopravvive uno studioso dimenticato, sopravvivente solo in virtù 
          d'una via e d'una scuola che ne portano, in scolorita lapide, il nome ormai predato 
          dalla dimenticanza. 
          Un uomo di vecchio stampo, il Bianca, che rifiutò cattedre universitarie 
          ovunque, quelle stesse per cui oggi si scannano a colpi di calunnie e scimitarre 
          in tutti gli atenei. Quest'uomo che studiava il carrubo e i Carmi di Catullo , 
          studiava il mandorlo e traduceva in latino Il Cinque Maggio manzoniano. Uomo grande 
          e serio, conoscitore dell'animo umano non meno che della vegetazione delle Madonne, 
          tale profeta dell'altrui incuria che, a chi insisteva per ritrarlo, ebbe a dire 
          con sofìa e ironia Perché farmi il ritratto? I miei figli potrebbero 
          avermi un certo riguardo, ma i miei nipoti se ne servirebbero per coperchio di 
          giara. 
        
        Silvana Grasso
        Silvana 
          Grasso è nata nei pressi dell'Etna. 
          In questo articolo apparso il 10 gennaio 2002 
          sulla terza pagina del quotidiano catanese LA SICILIA incarna,
          questa volta per noi, modesta e orgogliosa espressione di piccola editoria di provincia, 
          l'incandescenza del linguaggio e l'inesauribile invenzione lessicale. 
          Ha pubblicato Nebbie di ddraunara (1993 - Premio Grinzane Cavour, Premio 
          Mondello), 
          Il bastardo di Mautana (1994, 1997), Ninna Nanna del lupo (1995), 
          L'albero di Giuda (1997, Premio Napoli, Premio "Vittorini") e
          La pupa di Zucchero (presentato ad Avola dalla Consulta Comunale Femminile 
           il 10 novembre 2001)